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Copertina di Claudia Giannuli |
In vent'anni un albero è più che pronto a partorire frutti di ottima qualità, dopo le potature opportune, dopo le cure antiparassitarie, ma anche dopo l'abbandono al corso della natura.
La raccolta poetica di Maria Nardelli, Vengo a Prendere un po' d'Aria, è una sorta di albero cresciuto con l'unico scopo di destinarlo al taglio. Un estratto di cellulosa dopo un ventennio di stesura e una bella sfoltita dal superfluo e dal retorico prima della stampa. Difatti la Nardelli non si perde né in retoriche né in mezzi termini, è diretta nel suo lessico colorito e nella cesura dei versi mettendo il lettore di fronte a spigoli e spine che portano in bocca un sapore ematico. Non mancano durante la lettura alcuni versi adolescenziali, dovuti al fatto che l'autrice suddivide le sue poesie in categorie e non in ordine cronologico come si è soliti leggere (o scrivere). Per citarne alcune, di categorie, ricordiamo “Odio per le Domeniche” con i versi: in generale le foglie morte / si attaccano al cemento dei condomìni / come nei stanno lì a consumarsi / di suole e di suole, di pneumatici vari / finché la pioggia non le scolora / finché l'inverno buio dei pomeriggi / non cessa; “Encefalopoesie”: pensate la vostra lingua / i racconti che contiene / le parole che non traduce / i momenti in cui si ferma; “Poesie Stagionali”, “Versi Gastrici” ed altre.
Più si va avanti nella lettura e più si nota un lessico a tratti di strada (ma con prestigioso gioco del verbo) e a tratti estremamente vasto, colto, e didattico.
Si percepiscono piacevoli sperimentazioni della lunghezza del verso, cesure alla Vivian Lamarque e alla Grace Paley. Una Poesia Vera, di qualità, da scoprire e far emergere.
[Maria Nardelli, Vengo a prendere un po' d'aria, illustrato da Claudia Giannuli, Pietre Vive Editore 2015, collana iCentoLillo]
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