La grande paura, di Carlo Formigoni |
C’è un proverbio orientale che dice: “Se in una notte nera, su una pietra nera, c’è una formica nera, Dio la vede e la ama.”
Piacque tanto a Marta, che se lo trascrisse su un taccuino.
Marta lavora in una grande fabbrica di scarpe del Nord. Ogni tanto viene a Molfetta per trovare sua madre che vive in un cronicario e il fratello più piccolo rinchiuso nel supercarcere di Trani. Un giorno mi disse che non ce la faceva più. Non per i soldi. Di quelli, anzi, gliene avanzavano. Ma per la qualità della vita che il destino le aveva imposto.
Costretta a bullonare tomaie tutto il giorno, lei che si era diplomata al liceo artistico col massimo dei voti, si sentiva solo una scheda perforata. Un numero di matricola.
Una donna senza volto, meno valida della busta paga che riceveva il 27 di ogni mese. Non aveva neppure trent’anni, ma le pareva di essere più vecchia di sua madre.
Anche sua madre, del resto, era una cifra. Un cartellino collocato sulla carrozzella, sospinta nell’incrocio di altre cinquanta carrozzelle dell’ospizio.
(Brano tratto da Una fede sul limite, raccolta di scritti di Don Tonino Bello, a cura di Roberto Lacarbonara e Giuseppe Pastore, collana Parola)
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