Copertina di Daniele Donatiello |
[...] Ad ogni modo, la storia di Giona ce la raccontiamo da millenni. Tutti noi siamo finiti nella pancia del pesce (non certo del mammifero) almeno una volta nella vita. Ce la raccontiamo perché serve a spiegarci quanto di umano c’era nel lasciarsi mangiare e quanto di umano, ancora, siamo riusciti a conservare in quella gita verso Ninive; quanto di umano c’è ancora in quell’isola, e nei comportamenti più miserabili che in essa vedono la luce, in quell’isola che è l’allegoria di un posto che noi tutti conosciamo bene. Un posto che vive una tragedia reale, e che i lettori del racconto di Domenico non faticheranno a riconoscere. Il fatto è che da quella tragedia si alza forse un canto, certamente un racconto: per poterla dire. In questo consiste la grandiosità e la miseria della letteratura: elevare un canto mentre marcisce la carne. Non sempre è un atto nobile e del resto non ce lo ha certo ordinato il medico, come si suol dire. Ma qualcuno ci prova, e il dolore, il piacere o molto più banalmente la fatica e il divertimento (dell’autore e del lettore) che ne conseguono noi non li conosciamo, fanno parte di quel mistero irriducibile che forse, più di ogni altra cosa, connota e definisce il gorgo in cui tutti siamo immersi, l’oceano in cui nuotiamo.
(da Isola, di Domenico Maggipinto)
(da Isola, di Domenico Maggipinto)