Copertina di Approssimazioni |
Di Sergio Pasquandrea ho già parlato ed è per questo che mi è stata una gradevolissima sorpresa ricevere da Antonio Lillo, Edizioni Pietre Vive collana iCentoLillo, la pubblicazione delle sue Approssimazioni (marzo 2014). Un libro di poesie erotiche, con una copertina esplicita e disegni all’interno particolarmente maliziosi. Salvo poi scoprire che i disegni sono di una ragazza, Michela Neglia, e allora il tutto acquisisce un significato armonico di unione, di unita centralità, di abbraccio esistenziale. L’umida soglia del corpo femminile diventa non solo desiderio (o agonia) maschile ma punto focale e d’equilibrio per entrambi i generi, e non solo per la sua proprietà riproduttiva. Quella sottile fessura diventa un punto d’appoggio come lo erano le rime per gli aedi. Diventa abbraccio dove sentirsi amati, a casa. Fermi e al sicuro nonostante l’incertezza della quotidianità. E da questo la riuscitissima illustrazione di copertina.
Ma se il sesso femminile dice un’esigenza affettiva, un cuore, se il gioco dei corpi travalica il semplice piacere per un più intimo quanto esistenziale bisogno di condivisione, la parola diventa uno strumento per siglare le tacche su un ipotetico righello. Perché Sergio Pasquandrea, da bravo poeta e da ottimo uomo, sa bene che il sesso femminile non è nel fondo delle gambe quanto nel corpo intero della donna, e sa ancor più bene che l’eros non è la semplice penetrazione quanto la misurazione della realtà attraverso il corpo dell’amata. E da questo il righello di cui sopra, necessario e indispensabile a trovare i punti di riferimento nella vita. Che partono, tornano, e restano continuamente nel caldo e rassicurante corpo di lei. Come gli odori che lei nemmeno riesce a togliersi: il tuo odore ad esempio / non dico tutto – certe pieghe / in particolare del tuo corpo) / che resistono all’acqua / e ai detergenti c’è poco da fare. Come certi atteggiamenti che riescono a definire dei concetti: (ma quella sera eri nuda e semplice / solo l’aria poteva toccarti siamo entrati / usciti senza mai cambiare la disposizione / senza che le tue costole sfiorassero mai la stoffa / e ogni volta eri più giovane e più lontana) / l’ultima volta hai pronunciato il mio nome / lo accompagna qualcosa di troppo simile alla gioia.
Una misura del vivere insomma, il suo corpo, dove l’accoglimento è la certezza di esistere per qualcosa, per qualcuno. Da questo l’inserimento, nelle poesie, non di rado di parentesi e incisi che delineano la presenza di un sé, di un attimo di riflessione intima e solitaria utile a gustare ancor più la necessità del corpo altrui. In una poesia erotica che di sesso in fondo parla poco, ma dice bene quel concetto privo di nome che è il contrario di solitudine nella sua accezione più profonda e totale. E che possiamo solo definire per approssimazione. O approssimazioni, come bene ha fatto Pasquandrea in questi versi.
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