Copertina di Raffaele Fiorella |
Ho il piacere e l’onore, perchè conosco l’autore e la sua piccola casa editrice (Pietre Vive Editore), di dare un’anteprima di questo bel volumetto che, senza mezzi termini, ho il rammarico di non aver pubblicato io. Conosco Antonio Lillo dall’anno scorso quando, per puro caso, l’ho scovato in rete e l’ho invitato al Soggiorno dei poeti, un bell’evento di tre giorni (che purtroppo non facciamo più per mancato stanziamento di fondi) qui nel nord Italia in un paesetto dove sono passati Carducci e altri. Un incontro fortunato con un ragazzotto mio coetaneo, più o meno, poeta e fotografo, molto bravo. Ho già parlato di lui in questo blog sia per il suo volume precedente (qui e qui) sia per i suoi scatti (qui). E ora devo ammettere questo libriccino, Rivelazione (Edizioni Pietre Vive – iCentoLillo – 2014), non tradisce le attese.
Lo leggo in anteprima, nel pdf, perchè verrà stampato la prossima settimana. E mi piace. Gli anni in Antonio Lillo condensano la maturità poetica verso un sospeso, un sentirsi alieni, parte e spaesati nel mondo. Con un’interessantissima abilità a creare una metafora non dichiarata col mondo stesso. Non si può infatti non leggere un testo in cui vengono lasciati liberi dei cani a massacrare degli uccelli come una metafora delle guerre di questi giorni. Una metafora non voluta? L’autore potrebbe correggermi, potrebbe dire che si tratta di un caso. Senza dubbio risponderei che non c’è caso in poesia ma esiste la capacità di connettere il macrocosmo umano con il microcosmo privato. Sto pensando all’attuale massacro tra palestinesi e israeliani. L’ennesimo massacro di uccellini. Da ambedue le parti. E Dio che dice “Coglioni! Coglioni!” perché fra i pochi suoi pregi, indubbiamente, c’è quello della sintesi. O la stupenda, stupenda, stupenda storia di un topolino impaurito braccato solo perchè si è mostrato: Una creatura del buio, piccola e sporca ma senza difese, stava lì e fissava dall’alto tutti quei nemici che digrignavano i denti e provavano a ammazzarla, per il solo fatto d’essersi mostrata.
In tutto questo le branchie, immagine che compare in due diverse occasioni nel libro, diventano la metafora dello spaesamento. Sia esso il fratello che abbandona i suoi sogni per un lavoro sicuro o il fratello che abbandona il lavoro sicuro per i suoi sogni. O suo nonno (a cui vengono dedicati moltissimi testi, se non l’intero volume) che punisce i familiari perchè non sanno reggere abbastanza silenzio o tutti quegli essere umani non umani in maniera quasi kafkiana, con quel tanto di de Saint-Exupéry che non guasta mai.
Un libriccino bellissimo che ripeto avrei voluto pubblicare io, con belle illustrazioni in bianco e nero (non scala di grigio, proprio bianco e nero) di Raffaele Fiorella. Un grande plauso, quindi, ad Antonio Lillo.
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