Il primo a rifarsi a Una donna di Péter Esterházy, è stato Mimmo Pastore che ha dedicato un’intera sezione di Fuori fuoco a delle variazioni sul tema di quel libro. Basandosi sul testo di Mimmo, anche Antonio Lillo in Rivelazione e Sergio Pasquandrea (autore di Approssimazioni) in un testo inedito si sono cimentati, a modo loro, con lo stesso modello. Le fotografie sono di Manuela Mastrangelo.
UNA DONNA (12) di Péter Esterházy
Manuela Mastrangelo, autoritratto |
C’è una donna. Mi odia. Ha gli occhi grigi come i miei. E dal momento che i miei sono come quelli di mia mamma, guardare i suoi occhi è come arrivare a casa. Da lontano il suo corpo è come quello di una bambina, da vicino come una cava d’argilla. Ha braccia ampie e bocca di lamponi. Mi minaccia continuamente. Dice di non preoccuparmi. Che lei sta benissimo, è in forma smagliante, al cento per cento, e mi picchia sulla schiena come una monella dispettosa. Sente di essere nata sotto una buona stella dal momento che le succedono così tante cose meravigliose, una dopo l’altra. Ad esempio? Ad esempio il mio stesso viso. Il modo in cui riesco a, come posso dire, risplendere o meravigliarmi…! E nessun uomo le ha mai detto grazie, almeno non così. Ma non mi devo preoccupare. Vedo solo il suo grembo, non le sue braccia ampie, né la sua bocca di lamponi, né la cava d’argilla di bambina. Ti preego! Ti preego! Così sibila la mia voce, così supplica. È a questo che pensava? Questo mio ti preego sarebbe il grazie? Da quella volta le gira la testa, il mondo gira insieme a lei, quanta bellezza, quanta abbondanza, riesce di nuovo a sentire tutto, come da bambina, il suo corpo canta, gorgheggia, canticchia, canterella, devo capire che lei si è schiusa come un fiore. Non devo preoccuparmi.
UNA DONNA (XVI) di Mimmo Pastore
Manuela Mastrangelo, autoritratto |
C'è una donna. Appare d'improvviso, non è vera entità. È leggera: come le sue parole; i suoi sorrisi; come il rame dei suoi capelli. Non l'ho capita, non la capirò mai. Non devo capire sempre tutto. La considero enigmatica, lei ringrazia ma nega di esserlo. Sei naturalmente enigmatica, allora le dico. Più volte ho cercato di smuovere questa sua apparente assenza di turbine, di dirottare nubi, perturbare emozioni: non si scombussola. Lei è il cielo su cui gioco, di specchio, un rimbalzo d'impressione, un riflesso.
Mi piace il disegno delle sue labbra, il suo essere sfuggente.
Un uccello ramingo, un consigliere, un illusionista, un amico spaiato, le sono stato; le sono stato d'impaccio, di intralcio, le sono stato simpatico. Credo che tu mi sia un po’ più che molto simpatica, le ho detto una volta. Una notte. Le ho raccontato alcune cose, avrei voluto raccontargliene altre. Mi ha fatto molto piacere conoscerla; quasi male.
Manuela Mastrangelo, autoritratto |
Ama una donna. Anzi no, meglio, ama due
donne. Sono amiche. Si assomigliano tanto che a volte, per errore, ne
confonde il nome, oppure lo fonde in uno solo, nuovo. Può farlo, perché
anche nel nome si assomigliano. Per una, sinuosa e sfuggente quanto
un’anguilla, ha scritto decine di poesie fra le più belle, ha scritto
della sua pienezza e della sua mancanza, soprattutto della mancanza. Con
l’altra, infallibile segugio, si avventura in lunghe passeggiate per i
boschi, alla ricerca di fiumi e corsi d’acqua che permettano il
passaggio dell’anguilla. Aspettandola, hanno fatto l’amore a lungo. Un
giorno l’ha baciata davanti a una chiesa imbiancata, l’aria intorno era
tutta sospesa e cani e gatti randagi stavano seduti ai loro piedi come
testimoni. Sembrava quasi un matrimonio sospeso, anch’esso.
C’È… di Sergio Pasquandrea
C’è una donna.
Ha
grandi occhi neri, dita lunghe, un petto da uccellino. A volte vola
talmente vicina alla felicità che si brucia la punta delle ali e poi
scappa.
Mi somiglia, in questo. Abita gli angoli in penombra, quando le capita di fissare il sole si meraviglia dei colori.
C’è una donna ed è mia sorella. L’ho saputo tardi, ma quando l’ho saputo ho anche saputo di saperlo da sempre.
La
mia sorellina è alta e vive lontana da me, ma è anche piccola piccola e
sta in un cantuccio della mia gabbia toracica di cui solo io possiedo
la chiave. Ogni tanto la sento muoversi, con un brusio lieve, con quello
stesso frullo d'ali che fanno i pettirossi quando abbandonano il
suolo.
Manuela Mastrangelo, autoritratto |
C’è
mia sorella che mi parla, quasi sempre da lontano. C’è mia sorella e ci
sono io, ma non è vero, perché c’è una sola persona, solo che qualcuno
l'ha spezzata in due e ha lasciato che le due metà se ne andassero in
giro per il mondo.
Poi si sono incontrate, è vero. E da allora, di tanto in tanto, attraversano porzioni di pianeta per ricongiungersi.
C’è
la mia sorellina che è bella, bella, bella. C’è la mia sorellina che ha
due cuori, e i due cuori fanno rissa l’uno con l’altro, e la mia
sorellina ha tanti lividi sul petto che vorrei poter curare e non
posso.
Una volta l’ho abbracciata e
l’ho sollevata dal suolo, e non pesava nulla, non pesava più di un
soffio di brezza, perché non ero io a sollevarla, era lei a venirmi
incontro, a cercare il suo posto tra le mie braccia.
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