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venerdì 17 gennaio 2014

Dal confino: una recensione di Andrea Tarquilio

Dal confino, di A. Lillo
 illustrazioni di Linda Aquaro

La prosa e la poesia di Antonio Lillo sono l’espressione sincera del suo mondo. Il suo ultimo lavoro, Dal confino, edito da Pietre Vive Editore, nella collana di poesia iCentoLillo, è una finestra aperta su quel mondo dove anche l’ordinario si trasforma in un evento prezioso. 
Nel libro si dipana l’intreccio di temi universali, l’amicizia, la felicità, l’amore, il dolore, sui quali Lillo riflette in modo mai banale col suo “catalogo” di immagini concrete a tal punto da risultare familiari. 
Eppure il linguaggio di Antonio è costellato da miriadi di riferimenti al suo mondo, quello culturale, che si estende da Tonino Guerra a Bob Dylan, passando per Miles Davis e Ungaretti, finendo a Gregory Corso e John Fante, cui sono dedicate due poesie. 
Sullo sfondo dell’opera scorrono le stagioni. Perché è vero in fondo quanto insegna il Qohèlet, “per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il sole”, e la cifra stilistica di Antonio Lillo quasi inconsciamente ce lo ricorda verso dopo verso. È quando viviamo periodi di transizione che vorremmo cercare di dilatare il tempo e le stagioni in cui ci sentiamo comodi e al sicuro, quelle stagioni in cui percepiamo esattamente il nostro posto nel mondo. 
Dal confino, da questo limbo di tempo espanso, Antonio Lillo guarda tutto ciò che riempie e sostanzia il suo vivere quotidiano, il gatto alla ricerca di calore, il continuo rito del caffè, il nonno ormai perso “nei suoi mondi fatti di sogno”, i libri, infatuazioni improvvise e folgoranti o frammenti di storie d’amori un tempo totali e poi passate. 
Nei passaggi fulminei che attraversano Dal confino appassionano i personaggi incontrati in sogno o per strada, uomini e donne in funambolico equilibrio, sempre tesi a scoprire i confini che circondano il nostro essere umani. Gli spazi sembrano anch’essi assumere le caratteristiche di concretezza e dilatazione, sospesi come appaiono tra la dimensione onirica di un mondo immaginario e gli scorci di Locorotondo, che Lillo non esita a definire “la mia Macondo”, la città fatta di specchi immaginata da Gabriel Garcia Márquez nel suo Cent’anni di solitudine
Il rapporto con la realtà anche provinciale del paese diventa una traccia importante in Dal confino, un sentiero da percorrere alla riscoperta del legame che cerchiamo di spezzare in nome dell’emancipazione, ma che riscopriamo presente e incancellabile in ciò che siamo. 
In tutto questo, la poesia diventa un mezzo insostituibile, una forma espressiva potente per raccontare piccole schegge autobiografiche o grandi storie dal sapore contemporaneo ed universale.

(recensione pubblicata su Paese Vivrai, dicembre 2013)

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